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La cardioversione elettrica esterna è una procedura medica utilizzata per ripristinare il ritmo cardiaco normale nei pazienti

CARDIOVERSIONE ELETTRICA ESTERNA

La cardioversione elettrica esterna è una procedura che permette di interrompere un’aritmia cardiaca, come la fibrillazione atriale, e di ripristinare il normale ritmo sinusale tramite uno shock elettrico ad alta energia. Per tale procedura viene praticata una profonda sedazione per evitare al paziente di avvertire sgradevoli sensazioni. La cardioversione ha una efficacia nel ripristino del ritmo sinusale variabile tra il 50 e il 90% dipendente dalla sua cardiopatia di base e dalla durata della aritmia. Tuttavia vi è anche la possibilità che pur essendo la cardioversione inizialmente efficace, si assista alla recidiva, anche precoce, dell’aritmia precedente o alla comparsa di una nuova aritmia.

Cardioversione della fibrillazione atriale

In presenza di un episodio di fibrillazione atriale sintomatica che non risponde ai medicinali antiaritmici, il medico potrebbe suggerire di sottoporsi a una procedura chiamata cardioversione elettrica, che ha lo scopo di riportare il cuore a un ritmo normale (ritmo sinusale). Questa procedura in genere è programmata in anticipo e comporta l’erogazione di una scossa elettrica controllata al cuore. L’impulso elettrico è sufficientemente intenso da arrestare brevemente i segnali elettrici generati dal cuore e permette al pacemaker naturale del cuore, “il nodo seno-atriale” di riprendere la sua normale attività e di ripristinare così il normale ritmo sinusale. La cardioversione elettrica viene eseguita in ospedale utilizzando un’apparecchiatura chiamata defibrillatore. Prima della cardioversione il paziente riceve un’iniezione (anestetico) che induce sonnolenza perché la procedura può essere leggermente fastidiosa. In questo modo durante la procedura non si avvertirà nulla. Occorre tenere presente che anche dopo una cardioversione riuscita (grazie alla quale il ritmo cardiaco torna al normale ritmo sinusale) è possibile che la fibrillazione atriale ricompaia. Questo succede in circa la metà dei pazienti durante il primo anno successivo alla procedura di cardioversione. Le probabilità che la fibrillazione atriale ricompaia dipendono da molti fattori, ma sono maggiori se si soffre di altri problemi cardiaci (compresa la pressione del sangue elevata) e se si soffre di fibrillazione atriale da più di 1 anno.

 

È possibile ottenere la cardioversione anche con determinati medicinali utilizzati per controllare il ritmo. Si parla in questo caso di cardioversione farmacologica perché invece di una scossa elettrica vengono utilizzati medicinali per cercare di riportare il cuore al ritmo normale. Anche questa procedura viene eseguita in ospedale. Al paziente viene somministrato endovena questo medicinale con una flebo nel braccio e la frequenza cardiaca viene monitorata continuamente durante la procedura. Prima della cardioversione, elettrica o farmacologica, è necessario assumere un anticoagulante per almeno 1 mese prima della procedura. In alternativa, dovrà essere eseguita un’ecocardiografia transesofagea per escludere la possibilità di coaguli di sangue nel cuore prima della cardioversione. Per ridurre il rischio di ictus, sarà necessario continuare ad assumere il medicinale che fluidifica il sangue per almeno 2 mesi dopo la procedura di cardioversione. A seconda del rischio generale di ictus, il medico potrebbe chiedere al paziente di continuare ad assumere un medicinale che fluidifica il sangue per il resto della vita. 

Le complicanze, sebbene rarissime, della cardioversione elettrica esterna sono: Ictus, Emobolie, Bradicardia.

LUCA PANCHETTI
M.D. - Ph.D.Medico Chirurgo – Dottore di Ricerca
Specialista in Cardiologia, Aritmologia clinica ed interventistica

Dirigente Medico I livello presso Fondazione Toscana G. Monasterio /CNR

Tel: +39 340 746 8584

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